Fringe benefit sono esenti fino a 3.000 euro nel 2022

14 Dicembre 2022

Se il datore di lavoro intende riconoscere fringe benefit entro il 31 dicembre 2022, il loro valore non concorrerà a formare reddito di lavoro dipendente se non viene superato il limite di 3.000 euro, in luogo dei 258,23 euro previsti ordinariamente del TUIR.

L’art. 12 del D.L. 115/2022 (L. 142/2022) ha previsto, per il solo periodo d’imposta 2022, in deroga a quanto stabilito dall’art. 51, c. 3 del TUIR, prima parte del terzo periodo, che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori nonché le somme erogate o rimborsate dai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale entro il limite complessivo di euro 600 euro.

La norma è stata oggetto di modifica da parte dell’art.3, c. 10 del D.L. 176/2022 (c.d. Aiuti quater) che ha elevato il citato limite di esenzione da 600 euro a 3.000 euro, sempre solo per il periodo d’imposta 2022.

Al fine di comprendere la portata delle disposizioni sopra citate è opportuno richiamare la norma contenuta nel TUIR intorno alla quale ruota l’intervento legislativo.

Norme e fringe benefit: cosa sono?

L’art. 51, c. 3, DPR 917/1986 (TUIR) prevede che ai fini della determinazione in denaro dei valori di cui al comma 1 (secondo cui il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro), compresi quelli dei beni ceduti e dei servizi prestati al coniuge del dipendente o a familiari indicati nell’articolo 12, o il diritto di ottenerli da terzi, si applicano le disposizioni relative alla determinazione del valore normale dei beni e dei servizi contenute nell’articolo 9.

Si coglie l’occasione per ricordare che i familiari art. 12 del TUIR sono: il coniuge non legalmente ed effettivamente separato, il figlio, compresi quelli nati fuori del matrimonio riconosciuti e i figli adottivi o affidati e ogni altra persona indicata nell’art.433 c.c.. Questa norma fa riferimento a: il coniuge; i figli anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi (es: nipoti); i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi (es: nonni); gli adottanti; i generi e le nuore; il suocero e la suocera e i fratelli e le sorelle germani o unilaterali.

Questo significa che se la bolletta relativa ad una certa utenza domestica viene pagata ad esempio dal nonno del lavoratore, comunque quest’ultimo potrà ottenere dal datore di lavoro il rimborso nel caso in cui l’azienda abbia deciso di riconoscere tale benefit.

Il citato comma 3 prosegue stabilendo che il valore normale dei generi in natura prodotti dall’azienda e ceduti ai dipendenti è determinato in misura pari al prezzo mediamente praticato dalla stessa azienda nelle cessioni al grossista.

Il nuovo limite di esenzione 2022 per i fringe benefit

La disposizione del TUIR si chiude prevedendo che non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d’imposta a euro 258,23; se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito.

E’ proprio su quest’ultima parte del comma 3 che sono intervenuti, prima il DL 115/2022 e poi il DL 176/2022.

La deroga prevista dal Decreto Aiuti-ter, riguarda unicamente la prima parte del terzo periodo del citato comma 3 dell’art. 51 del TUIR, ossia quella che fa riferimento al limite di esenzione originariamente fissato in 258,23 euro, poi elevato, per il solo periodo d’imposta 2022, a 600 euro e successivamente a 3.000 euro.

Invece la norma non modifica la seconda parte del terzo periodo che quindi continua a produrre effetti.

Ne consegue che se i fringe benefit concessi nel 2022 rimangono nel limite di 3.000 euro, il loro valore non concorrerà a formare reddito di lavoro dipendente.

Se detto importo però viene superato, tenuto conto di tutti i benefit percepiti nel periodo d’imposta, l’intero valore formerà base imponibile fiscale e contributiva, al pari della retribuzione.

Viene quindi superata la prima interpretazione data alla norma, dopo la modifica disposta dal DL 115/2022, secondo cui il limite dei 600 euro doveva essere inteso come una franchigia.

Le istruzioni operative per i fringe benefit

Le istruzioni operative per fruire del beneficio in parola, sono contenute nella circolare dell’Agenzia delle entrate n. 35/E del 2022 che, pur essendo intervenuta sul valore di esenzione pari a 600 euro introdotto dal DL 115/2022, si ritiene possano trovare applicazione anche per il nuovo limite di 3.000 euro.

È bene chiarire che gli oneri non sono a carico dello Stato, ma a carico del datore di lavoro che intende riconoscere i fringe benefit (lo Stato avrà solo una riduzione degli incassi provenienti da tasse e contributi).

La circolare evidenzia che i lavoratori destinatari sono coloro che risultano titolari di reddito di lavoro dipendente e assimilato (quindi possono fruirne anche i titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa) e che la concessione dei benefit non rappresenta un obbligo per il datore di lavoro.

Non è necessario che vengano erogati nuovi benefit potendo i lavoratori utilizzare il proprio conto welfare, ove esistente e ancora residuo, tenendo conto del nuovo limite di 3.000 euro, presentando la necessaria documentazione qualora intendano avvalersi del rimborso delle utenze domestiche.

Il datore di lavoro può introdurre un conto welfare nuovo o integrativo, utilizzando anche detta disposizione, per regolamento ovvero impegnarsi con un accordo sindacale ovvero discrezionalmente.

Per applicare l’agevolazione fiscale e contributiva non è necessario che i benefit siano riconosciuti alla generalità o categoria omogenea di dipendenti; quindi, il beneficio opera anche se la concessione avviene ad personam.

Ne consegue che il datore di lavoro può utilizzare il nuovo limite di 3.000 euro riconoscendo benefit anche uno o alcuni dipendenti. In sostanza è una sorta di premio che non concorre a formare reddito imponibile.

Ai fini della verifica del limite dei 3.000 euro, è necessario prendere in considerazione tutti i benefit riconosciuti al lavoratore nel periodo d’imposta che ricadono nel campo di applicazione dell’art. 51, c. 3 del TUIR.

Quindi ad esempio andrà computato anche il valore convenzionale dell’auto concessa in uso promiscuo, il valore di una polizza assicurativa extraprofessionale, quello determinato in caso di assegnazione di un alloggio oppure l’eventuale imponibilità di un contributo (prestito o mutuo) in conto interessi, i buoni carburante, i buoni spesa (anche e-commerce), i cesti natalizi ecc.

Beni aziendali prodotti dal datore di lavoro

Se i beni aziendali riconosciuti ai dipendenti sono prodotti dal datore di lavoro, il loro valore sarà quello praticato ai grossisti senza sconti d’uso. In tutti gli altri casi si dovrà prendere in considerazione il valore normale ovvero il prezzo di mercato del bene mediamente praticato, tenendo conto anche degli eventuali sconti d’uso. Il valore può anche essere quello del prezzo di acquisto del bene se l’azienda lo ha comprato da terzi sulla base di apposite convenzioni.

La quantificazione delle auto ad uso promiscuo o della concessione dei fabbricati dati in uso o locazione al dipendente, così come anche gli altri benefit di cui all’art. 51, c. 4 del TUIR dovrà avvenire sul valore convenzionale.

Il valore di questi benefit andrà a sommarsi al contributo concesso per ristorare il costo (anche se parziale) delle utenze domestiche (servizio idrico integrato, energia elettrica e gas naturale).

Restano invece esclusi le opere ed i servizi di cui all’art. 51, c. 2 del TUIR per i quali è prevista la non concorrenza alla determinazione del reddito di lavoro, nel rispetto delle condizioni ivi previste.

Possono anche essere oggetto dell’agevolazione le spese per le utenze condominiali ripartite per millesimi ovvero sostenute direttamente dal locatore e poi addebitate ed evidenziate analiticamente, al locatario.

Le utenze devono riferirsi agli immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti in base a un titolo idoneo (quindi di proprietà e non), dal dipendente, dal coniuge (o dal partner unito civilmente) o dai suoi familiari (individuati come detto dall’art.12 del TUIR), a prescindere se residenti o domiciliati, sempreché ne sostengano effettivamente le relative spese.

Il datore di lavoro per poter correttamente applicare l’esenzione, nei limiti sopra citati, deve acquisire e conservare la relativa documentazione a giustificazione della spesa, accompagnata dalla dichiarazione che la stessa non sia già stata oggetto di richiesta di rimborso ad altro datore di lavoro.

Non è necessario che il documento rechi un importo non superiore al limite di 3.000 euro, ovvero al residuo limite, fissato per l’esenzione. Però non va dimenticato che se il datore di lavoro contribuisce per importi superiori alla quota di esenzione disponibile, l’intero valore dei benefit (beni, servizi e utenze) concorrerà a formare reddito imponibile contributivo e fiscale per il lavoratore e contributivo per il datore di lavoro.

L’Agenzia delle entrate ha altresì precisato che il datore di lavoro può, in alternativa, acquisire dal lavoratore una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (DPR 445/2000) con la quale il lavoratore stesso attesti:

  • di possedere la documentazione comprovante le spese sostenute per le utenze domestiche, utili per la finalità della norma, riportando, gli elementi identificativi dell’utenza (o delle utenze). Ad esempio: il tipo di utenza, il numero della fattura e l’intestatario (se diverso dal lavorare occorre indicare quale rapporto familiare intercorre con lo stesso), l’importo, la modalità di pagamento e la data (quest’ultima informazione è importante in quanto il contributo può essere erogato nel termine del 12.1.2023, anche se il lavoratore lo utilizzerà in data successiva);
  • di non aver richiesto il contributo, per le medesime utenze, a altro/i datore/i di lavoro.

Inoltre, il datore di lavoro, precisa l’Agenzia delle entrate, può erogare il contributo (sempre entro il 12.1.2023) per le utenze domestiche anche con riferimento a fatture che saranno emesse nel 2023 purché siano relative a consumi 2022. Si suggerisce di far aggiungere nella dichiarazione di responsabilità del lavoratore l’impegno dello stesso a fornire successivamente gli elementi identificativi dell’utenza mancanti all’atto dell’erogazione del contributo.

Cumulo con il buono benzina

Qualora il datore di lavoro abbia scelto di corrispondere ai propri dipendenti anche il buono benzina esente di cui al DL 21/2022, per il solo periodo d’imposta 2022, entro il tetto di 200 euro, il valore corrispondente non va a inficiare il limite di esonero dei 3.000 euro di cui al D.L. 115/2022, L. 142/2022, e ss. mm. dato che sono due disposizioni autonome.

Va però tenuto presente che se vengono erogati buoni benzina eccedenti il limite di 200 euro e la parte eccedente non trova capienza nel limite dei 3.000 euro, l’intero valore dei buoni concorrerà a formare reddito imponibile.

Tale criterio, a rettifica della circolare 27/2022, deve essere osservato anche qualora si utilizzino detti benefit in sostituzione del premio di risultato detassabile (sempreché sia stato previsto dall’accordo sindacale).

Pertanto, superate le soglie di esenzione, la tassazione dell’intero valore dei benefit sarà ordinaria e non agevolata nella misura sostitutiva del 10%.

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