Sospensione cautelare

La sospensione cautelare è il provvedimento con il quale il datore di lavoro, in presenza di fatti che giustificano il licenziamento del lavoratore, in attesa della difesa da parte di quest’ultimo entro i 5 giorni prescritti, ne impedisce l’accesso in azienda continuando però a corrispondere la retribuzione (Cass. 25136/2010 – 17767/2006 – 7303/1990). 

La sospensione cautelare non rappresenta necessariamente l’inizio del procedimento disciplinare, diretto a irrogare la sanzione disciplinare, trattandosi di due misure nettamente distinte: la prima rappresenta una cautela rispetto ad un fatto che impedisce la prestazione di lavoro, oppure in relazione ad un accertamento penale per reati gravissimi o semplicemente gravi. Il procedimento disciplinare costituisce la conseguenza di un fatto che lede il vincolo fiduciario che sta alla base del rapporto di lavoro e ne impedisce la prosecuzione anche provvisoria. Il provvedimento di sospensione cautelare può, quindi, essere attivato preliminarmente al procedimento disciplinare che potrebbe iniziare al termine del procedimento di contestazione/difesa; in ogni caso la durata della sospensione cautelare non può eccedere i 10 giorni. 

Il datore di lavoro è legittimato ad attivare, nel rispetto delle relative condizioni, l’istituto della sospensione cautelare che non può protrarsi oltre la conclusione del procedimento disciplinare o penale, salvo che sia diversamente disposto dal contratto collettivo. 

Dal punto di vista processuale l’onere di provare la temporanea impossibilità od inutilizzabilità della prestazione lavorativa, come la non imputabilità delle cause di tali situazioni, ai fini della verifica della legittimità della sospensione dell’attività lavorativa disposta dall’imprenditore e del suo conseguente esonero dall’obbligo del pagamento della retribuzione, grava sull’imprenditore medesimo. 

Contro il provvedimento della sospensione cautelare il lavoratore non può opporsi o fare ricorso ex art. 7 L. 300/1970 (Cass. 2465/1989). 

Il datore di lavoro deve comunicare al lavoratore l’adozione del provvedimento di sospensione che normalmente avviene contestualmente alla contestazione dell’illecito disciplinare. Nella comunicazione si deve fare riferimento alla gravità degli addebiti che determinano l’esigenza di sospendere temporaneamente il rapporto di lavoro. 

La sospensione non dovrà mai:

  • comportare il venir meno o l’alterazione del diritto del lavoratore a rendere le giustificazioni della infrazione contestata,
  • impedire al lavoratore che ne faccia richiesta di consultarsi con i componenti della rappresentanza sindacale o di rendere le giustificazioni anche con l’assistenza di un membro della medesima rappresentanza.

Il lavoratore, anche se sospeso, ha diritto, se lo richiede, di prendere visione dei documenti aziendali o di esperire tutte quelle indagini lecite, idonee a rendere complete ed effettive le sue possibilità difensive. 

Se il datore di lavoro si avvale del potere di sospendere in maniera illecita, per mancanza dei presupposti, legali o contrattuali, è soggetto all’azione di risarcimento dei danni subiti dal lavoratore. La sospensione e la sua eventuale illegittimità non deve in alcun modo ripercuotersi sulla regolarità della procedura disciplinare.