Potere di controllo del datore di lavoro

Al datore di lavoro è vietato vigilare sull’attività del lavoratore utilizzando, ad esempio, guardie giurate. Queste ultime, infatti, non possono accedere nei locali in cui si svolge l’attività durante lo svolgimento della stessa, se non eccezionalmente per la specifica e motivata esigenza di tutela del patrimonio aziendale.

Le guardie giurate non possono fare contestazioni ai lavoratori per azioni o fatti non attinenti alla tutela del patrimonio aziendale.

Le indagini effettuate da guardie giurate possono costituire fondamento per promuovere la procedura disciplinare solo se abbiano ad oggetto atti che configurano responsabilità extracontrattuale verso il datore di lavoro.

Il datore di lavoro può far controllare l’attività lavorativa da personale dipendente dell’azienda: in tal caso deve fornire ai lavoratori i nominativi e le mansioni specifiche del predetto personale (art. 3, L. 300/1970). Devono considerarsi legittimi i controlli occulti su quelle prestazioni lavorative il cui inadempimento costituisca anche violazione di obblighi extracontrattuali penalmente rilevanti che possano incidere negativamente sull’integrità del patrimonio aziendale (Cass. 25679/2014). Per giustificare l’intervento degli investigatori è necessaria non l’avvenuta perpetrazione di illeciti e l’esigenza di verificarne il contenuto, ma solo il sospetto o la mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione.

La legge vieta al datore di lavoro l’accertamento diretto o mediante medici di sua fiducia delle condizioni di salute del lavoratore in malattia o infortunatosi (art. 5, L. 300/70).

Sono invece consentite le visite mediche preassuntive e quelle periodiche previste dalla legge in casi determinati.

Le visite personali di controllo sul lavoratore sono vietate, tranne il caso in cui siano indispensabili per la tutela del patrimonio aziendale, relativamente alla qualità degli strumenti di controllo, delle materie prime o dei prodotti (art. 6, L. 300/1970).

Quando invece i controlli sono diretti verso gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze, non occorre alcun accordo o autorizzazione a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal D.Lgs. 196/2003 in materia di privacy.

La disciplina della tutela della privacy del lavoratore soggetto a videosorveglianza è quella prevista dall’art. 4, L. 300/1970. Quando tuttavia i controlli sul lavoratore sono di tipo difensivo, ossia diretti a prevenire o a scoprire la realizzazione di reati, si esula dalla disciplina dello statuto dei lavoratori e i controlli stessi possono avvenire senza limiti (Cass. 3122/2015 – Cass. 3255/2021), nel caso di applicazione dell’art. 4 della L. 300/1970 prima delle modifiche apportate dal D.Lgs. 81/2015).