Regime impatriati: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

22 Settembre 2022

L’Agenzia delle Entrate, con due risposte ad interpello dello scorso luglio, ha fornito importanti chiarimenti in merito al regime fiscale agevolato per i lavoratori che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia, svolgendovi attività lavorativa.

Il ravvedimento non sana l’omesso versamento nei termini per fruire della proroga degli incentivi

Il lavoratore rientrato in Italia non può fruire della proroga del regime fiscale agevolato riconosciuto ai cosiddetti impatriati (art. 5, c. 1, lett. c, D.L. 34/2019) se non adempie nei termini al versamento di un importo pari al 5% dei redditi di lavoro dipendente percepiti nell’ultimo periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione e non può nemmeno sanare l’omissione ricorrendo al ravvedimento operoso. È quanto chiarito con la risposta all’interpello n. 371 del 12 luglio 2022.

Nel caso sottoposto all’esame dell’Agenzia delle Entrate, un lavoratore ha aderito al regime speciale per i lavoratori impatriati di cui all’art. 16 del D.Lgs. 147/2015, ed avendo i requisiti per ottenere la proroga (aver acquistato un appartamento dopo il rientro in Italia, aver trasferito la residenza in Italia ed essere genitore di 3 figli minori) avrebbe dovuto entro lo scorso mese di agosto 2021 versare un importo pari al 5% dei redditi di lavoro dipendente percepiti nell’ultimo periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione.

Poiché non ha effettuato nei termini detto versamento ha chiesto all’Agenzia delle Entrate se poteva sanare la situazione ricorrendo al ravvedimento operoso.

L’Agenzia delle Entrate ha risposto negativamente evidenziando che il termine per effettuate il versamento ai fini della proroga ha natura perentoria e non ordinatoria con la conseguenza che il mancato adempimento preclude l’applicazione del beneficio.

No al ravvedimento operoso per errore nel versamento

Con la risposta all’interpello n. 383 del 18 luglio 2022, è stato chiarito che l’errato versamento dell’importo del 10% previsto dall’art. 14, c. 50, L. 178/2020 non ammette il ravvedimento operoso e, di conseguenza, il contribuente, ancorché avente diritto, non può fruire della proroga del regime previsto peri lavoratori impatriati ex art. 16, c. 3-bis, del D.Lgs. 147/2015.

Nella fattispecie in esame, l’istante ha riferito che «volendo beneficiare della proroga del regime previsto per i lavoratori impatriati, ha versato tramite F24 ELIDE in data 26/8/2021 l’importo di Euro […] (codice tributo 1860 “Importo dovuto (10%) per l’adesione al regime agevolato …) calcolato come 10% dell'”Imponibile previdenziale” riportato al campo 4 della sezione “Dati previdenziali ed assistenziali” della Certificazione Unica2021.

Da confronto con il sostituto di imposta è emerso che l’importo versato non è corretto, in quanto non è stato calcolato considerando i campi corretti della Certificazione Unica 2021. Di conseguenza risulta che l’importo versato tramite F24 sia inferiore di Euro […] all’importo dovuto».

Inoltre, l’istante ha fatto presente che «In questa condizione il sostituto di imposta ritiene di non poter applicare l’agevolazione e chiede al sottoscritto di sanare la situazione».

Con documentazione integrativa presentata, l’istante ha fatto presente che, «ha individuato nell'”imponibile previdenziale” la base di calcolo dell’importo del 10% per errore e limitata conoscenza dei concetti retributivi, in assenza di esplicito riferimento nella legge ai campi della Certificazione Unica da utilizzare per il calcolo».

Tutto ciò premesso, l’istante ha chiesto di poter versare – in sede di ravvedimento operoso – la differenza dovuta, e, nel caso di risposta affermativa, quale fosse il codice tributo da utilizzare.

L’Agenzia delle Entrate, dopo aver ripercorso l’evoluzione normativa in materia, ha equiparato il versamento carente alla fattispecie di omesso o ritardato versamento entro i termini previsti (30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del primo quinquennio di fruizione dell’agevolazione e, per i lavoratori per cui tale periodo si è concluso il 31 dicembre 2020, entro 180 giorni dalla data di pubblicazione del Provvedimento A.E 60353/2021 e, quindi, entro il 30 agosto 2021) negando, di conseguenza la fruizione, per ulteriori 5 anni, del beneficio fiscale in esame. 

Resta salva, comunque, la possibilità di recuperare quanto versato ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. 546/1992 che dispone, «La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento, ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione».

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