Trasferimento d’azienda

Per trasferimento di azienda si intende qualsiasi operazione che comporti il mutamento della titolarità di un’attività economica organizzata, preesistente al trasferimento e che conserva la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla cui base il trasferimento è realizzato.

Il trasferimento di un ramo di azienda sussiste quando si è in presenza di una articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, non più preesistente al trasferimento, ma al momento della cessione, attraverso una valutazione compiuta ad hoc dalle parti Il trasferimento di azienda è riscontrabile in ogni caso in cui, ferma restando l’organizzazione del complesso dei beni destinati all’esercizio dell’impresa, si verifichi la sostituzione della persona del titolare, quale che sia il mezzo tecnico-giuridico attraverso il quale tale sostituzione si attui e quindi anche a seguito di successione ereditaria trovi essa fondamento in un testamento o nelle norme sulle successioni legittime. Dal 16 marzo 2006 è ammissibile il trasferimento dell’azienda a favore dei discendenti dell’imprenditore mediante apposito patto scritto, in deroga al divieto di patti successori previsto dall’art. 458 c.c.

Sono soggetti alla speciale procedura prevista dalla legge soltanto le aziende che occupano complessivamente più di 15 lavoratori.

Il trasferimento dell’azienda non costituisce di per sé giustificato motivo oggettivo di licenziamento, tranne il caso in cui la cessione sia stata condizionata dal cessionario alla preventiva riduzione di personale.

Il lavoratore ha però il diritto di dimettersi per giusta causa nei tre mesi successivi se le condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica con diritto all’indennità sostitutiva del preavviso.

TFR – Secondo la giurisprudenza (Cass. 75/2018) salvo diverso accodo tra le parti:

  • il datore cedente rimane obbligato per la quota di TFR maturata durante il rapporto alle sue dipendenze fino alla data della cessione;
  • il datore cessionario è obbligato per la quota maturata dalla cessione in poi. In caso di cessione di azienda, ex art. 2112 c.c., posto il carattere retributivo e sinallagmatico del TFR che costituisce istituto di retribuzione differita, il datore di lavoro cedente rimane obbligato nei confronti del lavoratore suo dipendente per la quota di trattamento del TFR maturata durante il periodo di lavoro svolto fino al trasferimento aziendale (Cass. 27507/2019). Ne consegue che il lavoratore è legittimato a proporre istanza di fallimento del datore di lavoro che abbia ceduto l’azienda, essendo creditore del medesimo.

Nel caso di operazione societaria o di cessione di contratto permangono gli obblighi di versamento al Fondo di Tesoreria INPS del TFR anche nelle ipotesi di un passaggio di personale – in precedenza alle dipendenze di datore di lavoro assoggettato all’obbligo contributivo nei riguardi del Fondo – presso un datore di lavoro non tenuto al versamento del contributo (INPS, msg. 21062/2009). Il nuovo datore di lavoro rimane obbligato anche in assenza del requisito occupazionale previsto dalla norma (almeno 50 addetti), con esclusivo riferimento al personale transitato. La rivalutazione delle quote annuali del TFR deve essere effettuata dal datore di lavoro subentrante e deve riguardare anche quanto versato alla Tesoreria dall’azienda cedente.

Alla cessazione del rapporto di lavoro il datore subentrante deve erogare tutto il TFR, quello in carico al precedente datore e quello versato al Fondo INPS.

La gestione delle quote di TFR e le comunicazioni all’INPS avvengono per mezzo del flusso mensile UniEmens.