Orario di lavoro

L’art. 2107 c.c. stabilisce, in materia di orario di lavoro, che la durata giornaliera e settimanale della prestazione di lavoro non può superare i limiti stabiliti dalle leggi speciali e dalla contrattazione collettiva.

L’art. 3 D.Lgs. 66/2003 (entrato in vigore il 29.4.2003), come modificato dal D.Lgs. 213/2004 recepimento delle direttive U.E. n. 1993/104/CE e 2000/34/CE (concernenti gli aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro), ha fissato il normale orario di lavoro in 40 ore settimanali (senza introdurre un limite giornaliero, quest’ultimo potrebbe essere individuato, ai soli fini contrattuali, dalla contrattazione collettiva – circ. Min. Lav., n. 8/2005) e concede ai contratti collettivi la possibilità di stabilire una durata minore e riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno (facoltà già ampiamente esercitata dalla vigente contrattazione collettiva.

Per l’orario effettivo, il comma 3 dell’art. 8 del D.lgs. 66/2003, ha stabilito che rimangono non retribuiti o computati come orario di lavoro (salvo diverse disposizioni contrattuali) ai fini del superamento del limite di orario settimanale, i periodi di cui all’art. 5 del R.D. 1955/1923 (e successivi atti applicativi) e all’art. 4, R.D. 1956/1923 (e successive modificazioni), vale a dire:

aziende industriali e commerciali: 

  • i riposi intermedi che siano presi sia all’interno che all’esterno dell’azienda;
  • il tempo impiegato per recarsi al posto di lavoro (fatta salva una diversa previsione del contratto collettivo; Cass. n. 5323/1996). Nelle miniere o cave la durata del lavoro si computa dall’entrata all’uscita del pozzo. In caso di trasferta, il tempo impiegato per raggiungere la sede di lavoro non può considerarsi, secondo la Cassazione (sent. 1202/2000), salvo diverso accordo tra le parti, come attività lavorativa, in quanto non è lavoro effettivo (non può altresì considerarsi lavoro straordinario).
  • le soste di lavoro di durata non inferiore a 10 minuti e complessivamente non superiore a 2 ore, comprese tra l’inizio e la fine di ogni periodo della giornata di lavoro, durante le quali non sia richiesta alcuna prestazione all’operaio o all’impiegato.

Tuttavia, saranno considerate nel computo del lavoro effettivo quelle soste, anche se di durata superiore ai 15 minuti, che sono concesse all’operaio nei lavori molto faticosi allo scopo di rimetterlo in condizioni fisiche di riprendere il lavoro.

aziende agricole:  

  • i riposi intermedi;
  • il tempo per l’andata al campo o al posto di lavoro e quello per il ritorno, in conformità alle consuetudini locali;
  • il tempo necessario per le martellature della falce, salvo patto contrario.

Rispetto alla previgente disposizione, la nuova formulazione sembra più ampia, in quanto ora il riferimento alla prestazione lavorativa è quello di essere presenti al lavoro ovvero di essere a disposizione del datore di lavoro.